T=WINS

Residenza artistica di studio e ricerca drammaturgica
(marzo 2021 - Durata 15 gg)

CRiB - Carolina Ciuti, Roberto di Maio, Beatrice Fedi, Fabiana Mangialardi

La fisica moderna, e con essa in realtà tutte le altre scienze, ormai lo dicono chiaramente: nulla, essere umano incluso, è definibile se non come concatenazione di eventi e sempre in relazione ad altro da sé.
Come logica continuazione di “U*”, che indaga le sconfinate possibilità dell’identità da un punto di vista sessuale e di genere, CRiB continua il percorso e l’analisi sull’indeterminatezza dell’identità, spostando la lente d’ingrandimento sulla relatività del tempo, sulla percezione che sostituisce la realtà – o che ne rivela la complessa molteplicità – sulla soggettività come specchio della diversità, sulla metamorfosi come unico percorso
possibile.
Come nel precedente progetto, il punto di partenza è un vero evento.
Tra il 2015 e il 2016, i gemelli astronauti Scott e Mark Kelly sono protagonisti di una missione spaziale promossa dalla NASA che punta ad indagare, tra le altre cose, gli effetti di un anno in orbita sul corpo umano. Gli esperimenti condotti sui due, mentre uno vive sulla Stazione Spaziale Internazionale e l’altro rimane sulla Terra, sembrano rivelare un impercettibile modificazione nel codice genetico gemellare, oltre che concludere che il tempo per loro è trascorso in modo diverso. È da questo avvenimento che prende avvio T=wins, una ricerca multidisciplinare che interroga le stelle per comprendere la relazione che intercorre tra ‘spazio’, ‘tempo’ e la nostra percezione del reale. Il fatto che anche due corpi identici possano trasformarsi quando sottoposti a condizioni diverse, confuta infatti un’interpretazione univoca e assoluta della realtà.

Nella storia dei gemelli Kelly si racchiude una sorta di “archetipo della metamorfosi”. Due gemelli, omozigoti, identici nel corpo e nel DNA e quindi la rappresentazione massima (almeno al livello biologico) di identica identità, possono invece “diventare” diversi anche solo dopo un anno di differenti condizioni esterne. E se pensassimo tutto da un punto di vista caratteriale, emotivo, psicologico, energetico, quale sarebbe il risultato? Quali sarebbero le condizioni esterne e in che modo muterebbero l’identità? 
Se qualcosa di così determinato e complesso come il nostro corpo e il nostro DNA possono cambiare in così breve tempo, quanto gli eventi determinanti della nostra vita condizionano il nostro essere?
La vicenda dei gemelli Kelly si trasforma così nello spunto per una divagazione drammaturgica che unisce ai fatti reali la finzione. Alla storia dei due astronauti si sovrappone quella di due gemelle, i cui destini appaiono essere irrimediabilmente legati nonostante una di loro muoia al momento del parto. La vita della bambina che viene data alla luce si converte in una silenziosa ricerca del proprio doppio perso nel flusso del
tempo, di un’eco della sua immagine nell’infinito cosmico che richiama la teoria dell’entanglement, episodio bizzarro della meccanica quantistica.
In estrema sintesi, il concetto di entanglement è basato sull’assunzione che gli stati quantistici di due particelle microscopiche A e B inizialmente interagenti possano risultare legati tra loro in modo tale che, anche quando le due particelle vengono poste a grande distanza l’una dall’altra, la modifica che dovesse occorrere allo stato quantistico della particella A istantaneamente avrebbe un effetto misurabile sullo stato quantistico della particella B.
Così, l’anno che separa gli astronauti in missione diviene metafora di un distacco inesorabile – quello tra due feti cresciuti insieme – e la Terra e l’universo il simbolo di due dimensioni parallele e di un numero infinito di possibilità.
Il testo si fonda su una struttura “ad incastro” dove passato, presente e futuro si alternano senza soluzione di continuità, con l’obiettivo di raccontare la percezione soggettiva del tempo – un “montaggio alternato”, per dirla con termini cinematografici.
Ci affascina la possibilità di rendere concrete e reali ipotesi fisiche, di “umanizzare” e romanzare formule matematiche. Come ci comporteremmo di fronte a noi stessi da bambini? O a noi stessi l’attimo prima di commettere un errore? O di subire un torto o una violenza? Possiamo cambiare il passato? E si può avere malinconia del futuro? Possiamo ricordarlo?

Durante la residenza a Polistena, CRiB ha approfondito la struttura drammaturgica del lavoro, sperimentando, inoltre, la presenza di una “terza gemella” portata in scena da un’attrice non professionista polistenese, Rosaria Tropepe. La compagnia ha avuto il tutoraggio critico di Andrea Pocosgnich (fondatore e redattore di Teatro e Crtica).
La compagnia ha incontrato il territorio grazie a 4 laboratori teatrali all’interno dei quali i partecipanti hanno lavorato sulla relazione tra corpo e spazio e su come il gesto, il movimento e la presenza del corpo possano diventare parola. A partire da alcune domande: La parola e il movimento possono entrare in contatto? Quanto una influenza l’altro e viceversa? Si possono danzare le parole? Si può parlare con il corpo?

E se pensassimo tutto da un punto di vista caratteriale, emotivo, psicologico, energetico, quale sarebbe il risultato? Quali sarebbero le condizioni esterne e in che modo muterebbero l’identità?  Se qualcosa di così determinato e complesso come il nostro corpo e il nostro DNA possono cambiare in così breve tempo, quanto gli eventi determinanti della nostra vita condizionano il nostro essere?